giovedì 21 giugno 2012

Una polemica: Caro 3D, quanto me costi!

Una sala da multisala
Avete avuto occasione di andare in un multisala ultimamente? Era da parecchio tempo che mancavo a questo appuntamento: un po' perchè ho un odio viscerale per il concetto di multisala in sè (chiamatemi fighetta), un po' perchè vivo come un incubo l'idea di ritrovarmi in una sala gremita di altri esseri umani che all'unisono - quasi fosse OBBLIGATORIO - masticano, sgranocchiano, pasteggiano e PARLANO (con annessi commenti pseudo-intellettuali) facendoti perdere almeno 3/4 del senso del film.

Partendo da questo presupposto, la mia voglia di recarmi in un multisala si azzera quasi completamente. L'altro ieri sera abbiamo avuto la brillante idea di andare a vedere La Bella e la Bestia 3D in una nota catena di multisala perché nella mia ridente cittadina (Monza), questo titolo non era disponibile alla corte dei miei cinema prediletti. E visto che quando ero bambina mi son persa la visione di questo classico al cinema - pur essendo, poi, diventato il mio preferito in assoluto - sono dovuta scendere a compromessi, mettere da parte il mio rifiuto categorico e mandare giù il boccone amaro. Arriviamo in cassa, diamo il numero degli spettatori (7), ci chiedono insolitamente se provvisti o meno degli occhialini 3D (4 di noi sì, 3 no), e poi ci comunicano il conto: 80 euro. Essendo sprovvista di occhialini, per il prezzo del mio biglietto ho corrisposto la bellezza di 12 euro, 11  coloro i quali erano già muniti (furbamente) di occhiali. 

Adesso.
Capisco che la cultura non ha prezzo, ma andare a vedere un fottuto film d'animazione (di 20 anni fa, tra l'altro) e spendere dodici euro mi sembra un tantino eccessivo, soprattutto in vista del fatto che prima di potermi godere in pace il film, sono costretta a sorbirmi 20 (e dico, VENTI) minuti di pubblicità. Nella lunga attesa prima che il film iniziasse, ho valutato cosa avrei potuto fare con quei 12 euro:

- andare (quasi) a mangiare una pizza con gli amici, in una pizzeria tranquilla
- bere due medie o almeno 6 shot rhum/pera
- affittare un dvd/blu-ray e godermelo nella comodità del mio divano con tanto di impianto home-theatre, con qualche kg di patatine, pop corn e qualche litro di coca-cola
- comprarmi il dvd/blu-ray di La Bella e la Bestia, nella modalità come sopra e immaginandomi il 3D (il potere dell'immaginazione non ha limiti!)
- comprarmi un paio di edizioni economiche di qualche libro

Nella foto, La bella e la bestia
Alla luce della mia riflessione ben poco lucida, emerge una sola verità: il cinema sta diventando un bene di lusso, inaccessibile a molti. Non vi tedierò con qualche citazione alla "ai miei tempi entrare al cinema e vedere un cazzo di film Disney costava massimo 8/10 mila lire!", ma gradirei un vostro parere: siete ancora disposti e stimolati a pagare così tanto per andare a vedere un film in un multisala, in una situazione al limite della decenza umana (con vicini che continuano ad ammorbarvi l'esistenza con pasteggi e chiacchiere)?

Io no. Riprendo in mano la mia fichissima tessera del circuito Spazio Cinema, con accesso a 4 euro e 50 SEMPRE, nel mio piccolo cinema di provincia, dove almeno sono sicura di star tranquilla.
E non metterò più piede in un multisala, questo è certo. 

PS (salva-polemica): Il film, comunque, è ancora bellissimo! Ho ancora la pelle d'oca a pensare all'introduzione. Anzi, quasi quasi ve la posto (cliccate su introduzione). 






lunedì 18 giugno 2012

La Paura e i suoi racconti nel cinema horror

Sono il peggior incubo che abbiate avuto, sono il più spaventoso dei vostri incubi diventato realtà, conosco le vostre paure, vi ammazzerò ad uno ad uno.
(Pennywise - IT di Tommy Lee Wallace)

Nella foto, S. Spacey in "Carrie" di B. De Palma
Ho un legame particolare con il cinema horror, forse da psicoanalisi. Mi sono avvicinata al genere in età tenerissima, ma solo perché mio padre è un fervido sostenitore della terapia d'urto: vivi le tue paure, materializzale e poi esorcizzale. Come tutti i bambini, vivevo con terrore il momento della messa a letto: quella stanza grande, buia, la solitudine, e non c'erano peluche o lucine sul comodino che tenevano lontane visite di mostri immaginari. E così scappavo: mi rifugiavo ai piedi del letto dei miei o restavo seduta nel corridoio per terra, con la luce accesa, finché i miei non si accorgevano della mia inquietante presenza.

Nella foto, Tim Curry in "IT" di T. L. Wallace"
Stanco di queste nottatacce con un'ombra silenziosa che rischiava di procurargli un infarto, mio padre ha così pensato di darci un taglio e mettermi di fronte alla PAURA, dimostrandomi che era tutto finto, non ci sarebbero stati mostri che mi avrebbero teso agguati sotto il letto e che era solo il frutto della mia immaginazione. Ed è così che a quattro anni abbiamo visto insieme Carrie, lo sguardo di Satana di Brian De Palma: seduti di fianco sul divano, con mia madre sonnecchiante da una parte, mio padre mi spiegava per filo e per segno cosa stava succedendo, sdrammatizzando con qualche risata e con qualche battuta ("Guarda come si vede bene che è tutto finto! Ma quello è pomodoro o tempera!") l'orrore che si consumava nel film. Da allora non ho avuto più incubi, ci credete? Anzi, guardare gli horror è diventato quasi un appuntamento fisso mio e di mio padre, anche negli anni a venire (tutti i vari Halloween, Nightmare, L'Esorcista, Zombie, l'epoca d'oro di Dario Argento, Saw, ecc.). C'è da dire che la (fortunatissima) terapia d'urto messa in pratica da mio padre non ha avuto gli effetti desiderati anche sua mia sorella minore, anzi: dopo aver visto per la prima (e unica) volta la miniserie IT, ancora oggi mia sorella ha serie difficoltà a incrociare il pupazzo di Ronald McDonald quando va a mangiare nell'omonimo fast-food. E da allora in poi, lei e il cinema horror non viaggiano di pari passo, tutt'altro.

Ma perchè ho deciso di parlarvi del cinema horror? Ci sono due motivi, in realtà: il primo è perché ieri pomeriggio ho origliato casualmente una conversazione tra tre quindicenni alle mie spalle, che parlavano proprio di cinema horror e della diversità di percezione che oggi un adolescente ha di un film, magari datato, rispetto a quando questo è uscito al cinema. Il secondo, invece, è perché si avvicina la bella stagione e l'estate è il momento in cui le tv commerciali, soprattutto negli anni Novanta e Duemila, tira(va)no dal calderone perle di film tv horror alquanto gustose, per riempire i magrissimi palinsesti dei cosiddetti "periodi di non garanzia (pubblicitaria)". Voglio stare al passo con i tempi, avete sotto mano un palinsesto? Vi aggiornerò!

Nella foto L. Blair in "L'esorcista" di W. Friedkin 
Ma andiamo solo con il primo punto. Mi ha interessato molto la chiacchierata dei tre ragazzi perché mi ha messo di fronte ad una presa di coscienza molto importante: di quanto la percezione stessa dell'immagine cinematografica, unita a quella del racconto, ci veda oggi più smaliziati e parecchio scettici. Cito proprio l'esempio riportato da una dei ragazzini, quello di L'Esorcista, che, a sua detta, a guardarlo oggi ti lascia perplesso sulla sua effettiva PAURA E pensare che mamme di miei amici (non la mia, perchè è risaputamente cagasotto, soprattutto riguardo a pellicole con diavoli e possessioni...), allora già più che adolescenti, non hanno chiuso occhio per giorni dopo la visione di questo film, hanno vissuto per mesi con l'angoscia perenne. Erano a disposizione, racconta la storia, ambulanze fuori dai cinema per prevenire infarti ai deboli di cuore. E' ovvio, non siamo ingenui, che buona parte della forza di questo film dipendeva allora dal periodo storico-socio-culturale in cui questo si colloca, dove il tema religioso (soprattutto confrontato ad un tema caldo come le possessioni) era alquanto delicato e di certo non facile per parlare di argomenti così scottanti. L'idea che una ragazzina dal faccino tenero venisse posseduta dal Diavolo in persona, ammettiamolo, avrebbe lasciato di sasso un po' tutti, contando, ripeto, il contesto in cui questo film si colloca. 

Nella foto, Heather Donahue in "The Blair witch Project"
E da qui il passo successivo ad una domanda è quasi automatico: cosa ci fa PAURA oggi, se siamo così open-minded sull'argomento "cinema horror"? Facendo un passo indietro dagli anni '90 in poi, ci hanno inquietato, nell'ordine: telefonate da sconosciuti (Scream),  videocamere amatoriali in mano ad adolescenti che si perdono in un bosco alla ricerca di una fantomatica strega (The Blair Witch Project), serial killer psicopatici che, per farci apprezzare davvero il gusto della nostra vita, ci puniscono con prove inimmaginabili (la saga di Saw), squartamenti di sorta (i vari Hostel), ancora esorcismi o possessioni con riferimenti a fatti (pseudo) reali (L'esorcismo di Emily Rose, ad esempio) e presenze casalinghe tutt'altro che rassicuranti (Paranormal Activity), l'utilizzo del 3D per creare maggiore partecipazione (i vari  San Valentino di Sangue o l'ultimissimo e italiano Paura 3D)...eccetera eccetera.

Siamo stati smaliziati per bene da tanti registi, più o meno bravi, che ci hanno reso impassibili di fronte alla paura raccontata al cinema. 

E adesso? Cosa potrà farci paura per ritornare a vivere la paura al cinema?