mercoledì 9 maggio 2012

Quando un film racconta La Storia...

Le voyage dans la Lune (bozzetto) di G. Méliès (1902)
Ho anche un tris-tris nonno magico, lo sapevate? E' stato illusionista, prestigiatore, ma soprattutto regista. Il regista, per la precisione. E' stato il papà del cosiddetto Cinema di finzione, mi ha condotto per mano in un mondo che ho conosciuto in stato decisamente avanzato, mentre lui - poco più che trentenne - ne aveva visto gli albori e ha contribuito a farne La Storia. 

Si chiamava George Méliès. Per anni ho pronunciato il suo cognome Meliè, nel mio totale rifiuto verso la lingua francese e convinta che ogni parola di questo idioma, che finisca per la lettera "esse", si tramuti in una parola tronca. Poi ho scoperto che si pronuncia come si legge, ma so che a riguardo c'è una leggera diatriba. Lascio accapigliarsi qualcun altro per me, tanto con o senza esse il senso della sua arte non cambia. 

Ben Kingsley/George Méliès in Hugo Cabret di M. Scorsese (2012)
Qualche mese fa ho visto al cinema un film che raccontava e omaggiava proprio lui, Papà George, dal titolo Hugo Cabret di Martin Scorsese. Un regista, quest'ultimo, davvero poco conosciuto (ironia, ironia, ironia!) e un film di cui si è parlato veramente poco, essendo il primo approccio di Martin al 3D (ironia, ironia, ironia! al quadrato). Ma lasciamo bearsi alla loro analisi i critici, che ancora una volta si sono massacrati a colpi di inchiostro in un turn-over di insulti "Voi non capite niente!", "Scorsese venduto al 3D!", eccetera eccetera eccetera. E che dire, allora? Un film abbastanza scorrevole...certo, se superi la prima ora di pellicola dietro a un moccioso la cui storia fa un baffo persino a quegli sfigati di Oliver Twist e Dolce Remì messi insieme. Ma in realtà la storia di Hugo, si sa, è solo un pretesto per raccontare la storia di un grande. Il Maestro di tutti i grandi registi, e anche un po' di tutti quelli che hanno avuto l'occasione di studiare storia del cinema. Un po' come me, tanti anni fa. E un po' come lo stesso Scorsese, che timidamente compare in un cameo nel film per immortalarsi nella storia di un grande, fotografando Papà George fuori dai suoi studi a Montreuil. Svelando quella che è un po' la magia del cinema: la possibilità di rivivere e prendere parte ad un evento importante, come quella della consacrazione di un Maestro, grazie al potere della macchina da presa, un po' di trucco, la ricostruzione di un set, eccetera. La seconda parte del film è quella che oggettivamente mi ha emozionato. 

Mi ha emozionato perchè mi sono rivista studentella di 18 anni, infognata all'ultimo banco di un'affollata aula universitaria, mentre il mio mentore ci raccontava l'inventiva di questo uomo. E poi le ore passate a studiare sui libri, guardando online quei pochi frammenti della sua filmografia che ci sono rimasti. Scervellarsi per capire quale mente geniale si celasse dietro quest'uomo, che ha reso quell' aggeggio rumoroso un mezzo incredibile per raccontare e affascinare. Per dare spazio all'immaginazione. 

...Scorsese, un po' come tutti quelli che hanno un debito nei confronti di Méliès, ha cercato di restituirne la grandezza. 
Io stessa, in questa manciata di frasi, ho voluto restituire il favore.
Quel favore fatto di meraviglia, di leggerezza, di magia.
Che un po' mi manca, devo essere onesta.

Nessun commento:

Posta un commento